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Thu 18 October 12

Il mercato delle ore

A seguito di una bella citazione di Einaudi postata da una mia carissima collega (che allegherò in calce) su Facebook e di un commento ad essa, ho scritto un commento che è un po' uno sfogo, ma rappresenta sia la mia esasperazione che un mio modo di vedere. Siccome sono per il riciclo e non voglio perdermi i momenti di ispirazione, e forse anche perché attendo di vedere le reazioni di chi come me nella scuola ci sta, copio-incollo-adatto qui. Credo che nessuno ormai frequenti questo luogo ma pace.
La citazione (vedi fondo) è molto bella e la condivido, ma il vero danno non lo ha fatto il ministro (riferimento al commento) bensì tutti quei nostri cari colleghi che hanno interpretato alla lettera l'idea delle 18 ore settimanali, tutti quelli che cercano di entrare tardi e uscire presto per poter fare tutte le altre cose che fanno che non c'entrano con la scuola, tutti quelli che se ne sbattono delle classi, del loro lavoro e sanno solo reclamare per i loro presupposti "diritti". Non sono la stragrande maggioranza dei docenti ma sono quelli che fanno rumore nell'opinione pubblica e che fanno dire alla gente fuori "ma come, si lamentano per 6 ore in più? " Se 6 ore in più sono ore da passare a scuola, per programmare, recuperare, fare supplenze brevi e fare finalmente un ca**o di orario didattico (visto che non ci sarebbe più da far uscire presto questo e quello) allora ben vengano. Io sono stufa e arcistufa, anzi mi sono proprio rotta le palle di prendere lo stesso stipendio di chi non ha compiti da correggere, non ha da preparare, magari ha la metà degli alunni che ho io (ovviamente la mia collega capisce) e può permettersi di fare un altro lavoro o fare molte più ore di cattedra retribuite. Oppure viene a scuola e dorme o legge il giornale o entra un quarto d'ora dopo e esce dieci minuti prima; e non lo sto dicendo per sentito dire, perché a scuola ci sono. Facciamoci un orario pieno a scuola, entriamo in classe le ore che è umano entrare, e per il resto lavoriamo a scuola per la scuola; e, insieme ad una retribuzione adeguata, magari differenziamo per funzione o per numero di alunni. Questa sarebbe una riforma vera. Ma non si farà mai non per colpa di Profumo ma perché sempre e sempre si continueranno a confondere le necessità della scuola con l'idea che la scuola sia anche un ammortizzatore sociale, fatto per creare e tutelare dei posti di lavoro, che è legittimissimo per carità, ma non per dare posto a cani e porci tenendoceli per sempre. Bisogna tutelare chi fa quello che deve fare, e lottare per farlo, e lottare perché chi, giovane, ha i numeri per farlo possa avere la speranza di farlo. E invece no, continuiamo ad andare avanti per slogan da manifestazione ... (naturalmente la citazione non è uno slogan e, ripeto, la condivido in pieno).
Vorrei aggiungere al commento anche per chi non è nella scuola che se fossero invece sei ore di cattedra, per me significherebbe due classi in più, quindi a naso circa 50 alunni in più, ergo circa 400 verifiche in più da correggere all'anno, una dozzina di ore di consiglio in più, insieme a tutte le scartoffie da compilare, 50 genitori in più da vedere ecc ecc ecc.
E ora la citazione:
“Gli insegnanti, il cui orario settimanale è andato via via aumentando, sono diventati delle “macchine per vendere fiato”. Ma “la merce “fiato” perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità. Chi ha vissuto nella scuola sa che non si può vendere impunemente fiato per 20 ore alla settimana. La scuola a volerla fare sul serio logora. E se si supera una certa soglia nasce una “complicità dolorosa ma fatale tra insegnanti e studenti a far passare il tempo”. La scuola si trasforma in un ufficio, o in una caserma, col fine di tenere a bada per un certo numero di ore i giovani; perde ogni fine formativo.”— Luigi Einaudi
18:13:04 - Claudia - categoria: riflessioni  

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